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L’Ultimo Lupo

L'Ultimo Lupo

L'Ultimo Lupo

L’Ultimo Lupo

La Cina apre le porte della sua storia all’Occidente: nessun cliché o pesanti moralismi, solo un modo differente di riflettere su chi sia realmente lo spietato predatore tra l’uomo e il lupo

Ci sono voluti 7 anni per realizzare L’Ultimo Lupo, l’ultima fatica di Jean-Jacques Annaud, frutto della collaborazione tra due nazioni, Francia e Cina, dalle anime profondamente diverse. Cosa ha contribuito a tale unione? Il best seller cinese Il totem del lupo, il successo letterario più importante del Paese dopo il Libretto rosso di Mao. La storia narra di un giovane studente di Pechino, trasferitosi in una tribù nomade di pastori della steppa mongola, per insegnare loro le basi della civiltà, salvo poi rendersi conto che in realtà c’è molto da imparare da questi “selvaggi” analfabeti. Le loro regole, le loro leggi si differenziano da quelle della Città in quanto basate sulle leggi della Natura, unica sovrana indiscussa. Il ragazzo scoprirà se stesso, in un processo di crescita contemporaneo a quello del giovane lupo di cui si prenderà cura per evitare una morte imposta dal governo a tutti i cuccioli di lupo della regione, decisione che porterà a un’inevitabile alterazione dei ritmi dell’ecosistema dalle atroci conseguenze.

Non è facile per un occidentale raccontare una delle storie tra le più importanti per il popolo orientale, nonché mostrarci come forse mai prima era stato fatto un animale tanto affascinante quanto temuto come il lupo, venerato dai Mongoli come una divinità, di cui scopriamo le caratteristiche insieme al giovane intellettuale lungo tutto il film.

Non bastano costose attrezzature per avvicinarci in maniera sincera a un modo di sentire che forse non ci appartiene più o non è mai stato nostro. Tuttavia, Annaud e la sua squadra ci riesce. Non solo la qualità tecnica del film è altissima, nonostante la difficoltà a tratti evidente del rendere fluidi alcuni passaggi temporali che in un romanzo è molto più semplice giustificare, abbiamo anche una composizione dell’immagine, una luce che lascia esterrefatti, come davanti a un quadro di pregevole fattura. Le scene dall’alto sono decisamente le più spettacolari (in particolar modo segnaliamo la sequenza dell’attacco ai cavalli da parte dei lupi, non a caso la più complessa da realizzare), complice una colonna sonora che dona a molti passaggi del film un’epicità particolare, soprattutto nelle scene in cui i lupi sono i soli e unici protagonisti dello schermo, i cui sguardi penetranti non possono far altro che soggiogare lo spettatore, merito anche del 3D che esalta i particolari rendendoceli più vicini (unica ragione che giustifica il suo utilizzo, come affermato dal regista stesso).

La storia da cui è tratto il film chiarisce bene come siano saltati gli equilibri su cui si basa la convivenza tra lupi e uomini, fin dagli esordi del processo di distruzione dell’ambiente di cui Jiang Rong, autore del romanzo, è stato testimone (la storia è ambientata agli inizi della rivoluzione culturale degli anni ’60). Per questo, vale la pena soffermarsi sulla campagna “L’ultimo lupo può salvare i lupi italiani”, che il WWF Italia sta sostenendo grazie proprio a questo film, e per la quale rimandiamo al sito dell’Associazione.

Tramite questo film si viaggia, si apprende e ci si emoziona; vale dunque la pena aprirsi alla meravigliosa esperienza che il regista francese e la sua numerosa troupe vi regalerà a partire dal 26 marzo.

di Rosa Maria Pazienza