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Immortals: una noia "mortale"

L’ultimo film di Tarsen Singh, sulla scia di 300, crea icone gay iper-pompate per un film senza né capo né coda che non adempie nemmeno al semplice compito di divertire con leggerezza

Inutile negarlo: nel 2007, 300 di Zach Snyder ha a suo modo riavviato quel filone cinematografico vagamente “tamarro” iniziato con film come Conan il barbaro (1984), che col pretesto mitologico cercava in qualche modo di giustificare una storia implausibile arricchita da bicipiti e pettorali unti e paesaggi mozzafiato tendenti all’argento e all’oro. Mentre 300 si dimostrava un interessante strumento di divertissement visivo (almeno questo glielo concediamo), film che l’hanno susseguito come Scontro tra Titani e Immortals, non riescono a colpire neppure nella loro visività.

La storia la si può riassumere in due righe: Teseo, contadino prescelto dagli dèi per guidare il suo popolo, deve scontrarsi contro Iperione, re crudele in cerca del mitico arco di Epiro, arma che gli consentirebbe di risvegliare i Titani e conquistare la Terra.

Peccato che il film duri quasi due ore, contenga dialoghi triti e ritriti e, cosa ben peggiore, ha la pretesa di ricamarci sopra una filosofia che non si confà minimamente all’atmosfera tipica di questo genere di blockbuster.

Il 3D, tra l’altro, non è sfruttato minimamente e, quindi, non c’è il minimo compiacimento visivo, ci si ricorda di avere gli occhialetti solo quando si nota qualche schizzo di sangue per aria.

Mickey Rourke (Iperione) ricalca praticamente il personaggio che ha interpretato in Iron-Man 2, con tanto di cicatrice, Henry Cavill (Teseo) si sforza di dare credibilità al suo personaggio, standosene costantemente a petto nudo (un po’ come i “lupacchiotti” della Twilight-Saga) e Freida Pinto è nel film solo per far mostrare il fondoschiena alla sua controfigura.

Il problema del film di Tarsen Singh è che si cerca di prendere troppo sul serio un genere che dovrebbe essere divertimento e basta: invece, si mettono in ballo troppe idee e non se ne sviluppa nessuna, facendone uscire un minestrone scialbo e disastroso.

Di Francesca Casella