Il fantasy di Matteo Garrone affascina e soddisfa. Tre regni vicini e senza tempo…
Nel primo c’è la Regina di Selvascura (Salma Hayek), disperata perché non riesce ad avere un figlio. Una notte un negromante suggerisce la soluzione: la Regina dovrà mangiare un cuore di drago cucinato da una vergine. La Regina ne guadagna un Re morto e un figlio, Elias. Ciò che non sa, però, è che la vergine che l’ha aiutata avrà, per incanto, il fratello gemello di Elias, Jonah. I due crescono identici come gemelli, uniti da un affetto indissolubile che però la Regina non tollera..
Nel frattempo, il Re di Roccaforte (Vincent Cassel), alla ricerca di nuovi piaceri, ode una voce deliziosa provenire da una misera casetta sotto le mura del castello e se ne invaghisce: la invoca, le chiede invano di mostrarsi. Tuttavia, il Re, non sa che in quella casa non vive una giovane donna, bensì due vecchie sorelle..
L’ultimo regno è quello di Altomonte (Toby Jones) . Il Re cattura una pulce e ne fa in segreto il suo animale domestico che alleva e fa crescere a dismisura. Alla morte dell’enorme insetto, il Re, addolorato, lo fa scuoiare e chi riconoscerà l’identità di quella pelle avrà in sposa sua figlia, Viola. Il sovrano è convinto che nessuno possa indovinare ed effettivamente tutti i pretendenti accorsi sbagliano.. finché un Orco, col suo fiuto infallibile, indovina..
E, dunque, Matteo Garrone ha deciso di proseguire la sua carriera con una film che, sin dai primi frammenti, ha inevitabilmente il gusto dell’esperimento. Perché, in realtà, Il Racconto dei Racconti si prospetta come il naturale prosieguo per un regista che, un po’ per tutti i suoi film, si è sempre concesso di mischiare l’ordinario e lo straordinario, la favola e la vita. Solo che, a differenza delle precedenti opere – vedi Gomorra o Reality – se per arrivare alla magia bisognava partire dal reale, qui la magia è realtà!
Il lavoro del regista e degli sceneggiatori è stato quello di lavorare su un’opera di un’inquietante modernità; selezionare le storie, limare le tematiche, mantenere intatto quei tratti tra il fantasy e il grottesco e rendere il tutto credibile, come se potesse avvenire realmente. Ciò che è rimasto indubbiamente intatto è il potere evocativo di queste storie, ben sottolineato dall’estetica di un film, a ben vedere, curatissimo.
Indubbiamente, i difetti ci sono: avendo un punto di riferimento così forte e, allo stesso tempo, sì facilmente reinterpretabile, si è giocato ben poco con i dialoghi e una delle tre storie – quella con Salma Hayek – sul finale sembra perdere il suo potere evocativo e, a tratti, il suo montaggio ne mette in seria difficoltà la comprensione.
E, tuttavia, soprassedendo su queste inezie, ci par giusto sottolineare i pregi di un simile lavoro. Come detto poco su, Il Racconto dei Racconti ha la parvenza di un esperimento e, come tale, ci si può dire onestamente soddisfatti. Non pochi erano dubbiosi riguardo questa svolta fantasy di Garrone e siamo ben lieti di poter dire che… non avrebbe potuto far di meglio. Fotografia barocca, costumi sfarzosi e meravigliosi, effetti speciali pregiatissimi che assecondano le fantasie di queste storie. Ma il vero e proprio punto di forza del film potrebbero essere semplicemente le locations e le scenografie mozzafiato – tutte italiane – che, da sole, si presterebbero come eccellente biglietto da visita per l’estero. Perché, di fatto, questo Racconto dei Racconti – girato peraltro in lingua inglese – altro non è che questo: un modo per dire all’estero che l’Italia non parla soltanto di Dolce Vita e di Grande Bellezza ma che, se avesse i soldi – che, in questo caso, sono principalmente francesi – potrebbe fare anche del buon fantasy. Un fantasy tutto suo, più freudianamente perturbante che non favolistico. Ma di questo non potremmo che esserne orgogliosi.
di Francesca Casella