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I tre moschettieri in chiave pop

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I tre moschettieri in chiave pop

Anderson rilancia la classica storia di Alexander Dumas, in forma di blockbuster e in 3D

In principio fu Jack Sparrow con i suoi Pirati dei Caraibi, dove un’attrazione del parco divertimenti più famoso al mondo si trasformava in film fatto non solo di combattimenti e testosterone, ma sostenuto da una storia e da personaggi e attori più che credibili. Più di recente, fu Sharlock Holmes l’impettito investigatore che col corpo di Robert Downey Jr. si è trasformato in violento e rozzo paladino nell’opera “pop” diretta da Guy Ritchie.

Adesso è il turno di Paul W.S. Anderson, uno dei registi più attaccati al genere fantascientifico, che è passato al film in costume rinnovando I tre moschettieri, trasformando una delle storie più sfruttate al cinema in un blockbuster in 3D e in chiave steampunk.

Quando parliamo di Tre Moschettieri, non possiamo non pensare a Leonardo Di Caprio intrappolato nella Maschera di ferro e a Gerard Depardieu, Jeremy Irons e John Malkovich un po’ malandati e avanti con gli anni che fanno di tutto per salvarlo. I cinefili incalliti ricorderanno un Gene Kelly nei panni di un D’Artagnan stagionato nei Tre moschettieri del 1948 oppure a Richard Chamberlain e Oliver Reed che inseguono i diamanti della regina in un film del ’73.

Ma quasi nessuno penserebbe che essere al servizio del re di Francia comporta combattere su aereonavi (giganteschi dirigibili – navi) armati non solo di cannoni ma anche di mitragliatori, sfidare nobildonne che si lanciano da palazzi d’epoca e sanno usare qualunque genere di arma, per non parlare delle migliori tecniche del kung fù e usare lanciafiamme a forma di drago. A leggerlo così, probabilmente,sia i fan del libro che del genere “cappa e spada” potrebbero inorridire e rifiutare a priori la nuova versione 3D dei Tre moschettieri. Ma sembra quasi che anche il blockbuster stia cercando di affermarsi con stile e non come semplice giocattolone in mano a registi e produttori ancora troppo bambini.

La storia la conosciamo tutti: D’Artagnan, cadetto di Guasconia si reca a parigi per unirsi al corpo dei moschettieri. Qui conoscerà Porthos, Athos e Aramis la cui carriera è in fase calante. Per risollevarsi dalla polvere, i quattro dovranno scontrarsi con un trio di villain d’eccezione: il cardinale Richelie, Milady e il Duca di Buckingham. Ma le somilianze col romanzo, finiscono qui.

“Dumas scriveva per divertire e il lettore e per guadagnarsi da vivere: perché ci saremmo dovuti limitare al solito adattamento quando, invece, avremmo potuto rischiare, rimodernando un genere tanto piacevole?” queste le parole di Anderson che, effettivamente, considerando i successi della saga dei Pirati dei Caraibi e di Sharlock Holmes, non possono essere contestate.

Realizzato in Germania, il film ha tra le sue file non solo astri nascenti ma anche stelle affermate (con ben altri generi): da D’artagnan (Logan Lerman – Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo) al Duca di Buckingham (Orlando Bloom – La saga dei Pirati dei Caraibi) dalla Regina Anna (Juno Temple – che vedremo anche ne Il Cavaliere Oscuro – Il ritorno) al Cardinale Richelieu (Christoph “bastardo” Waltz). Per non parlare poi dei tre moschettieri: il sentimentale Athos (Matthew Macfayden – Orgoglio e Pregiudizio), l’imponente Porthos (Ray Stevenson – Thor) ed il letale e leale Aramis (Luke Evans – Scontro tra titani e, prossimamente, ne Lo Hobbit).

La pellicola è un giocattolone con una storia, tutto sommato, buona e lineare, con la sua buona dose di intrighi e combattimenti che si miscelano tra loro. Ma la “forza” del film deriva non solo dal 3D (a cui Anderson non vuole più rinunciare) che rende più luminosi i colori degli abiti e più realistici gli scontri corpo a corpo o via aerea; ma anche la consapevolezza, mai dimenticata, che per un film del genere non bisogna mai prendersi sul serio e, quindi, divertirsi e divertire. Una nota positiva per Orlando Bloom, travestito da “rockstar” del VII° secolo e finalmente nei panni di un mascalzone ed, ovviamente, Christoph Waltz, perfetto nel ruolo malefico di Richelieu. Tra le note negative Milla Jovovich, moglie del regista, a cui corsetti e boccoli d’epoca non sembrano donare poi molto.

Il finale, inoltre, lascia presagire un seguito. Che sia l’inizio di un nuova era di blockbuster?

Di Francesca Casella