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Festival Internazionale del Film di Roma 2014: TRASH

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Festival Internazionale del Film di Roma 2014: TRASH

TRASH

Trash

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Rafael, Gardo, Rato, nelle favelas di Rio affronteranno la malavita organizzata e rivendicheranno i loro diritti: il sogno rivoluzionario della primavera araba contemporanea

È stato forse il film più applaudito del Festival Internazionale del Film di Roma 2014. Stiamo parlando di “Trash”di Stephen Daldry. E dal regista di “Bily Elliot”, “The Hours” e “The Reader- a voce alta”, non ci si poteva aspettare che un altro grande prodotto cinematografico. Un film avvincente, tra il giallo poliziesco, quello d’avventura e il docu-film. Ambientato nelle favelas di Rio, mette in scena con estremo realismo una storia vera, che racconta la quotidianità che deve vivere quella gente, tra povertà e voglia di riscatto. Un posto senza speranze, una zona dimenticata da tutti, trattata da pattumiera del mondo, dei rifiuti di un mondo occidentale dedito solamente ai propri interessi personali. L’unico valore è quello del denaro, il resto è un’umanità dimenticata da chi potrebbe fare e non conduce quella rivoluzione, che invece intraprenderanno tre ragazzi. I tre protagonisti, infatti, sono tre adolescenti, che non dimenticano l’amore, la fratellanza, la giustizia, l’uguaglianza, la solidarietà proclamati dalla religione, quella fede cristiana, quel verbo di Dio, di cui sembrano comprendere in pieno il significato. Mettendola in atto, anche a rischio della vita, fiduciosi che, se si ha fede, non si verrà traditi. Compiendo, così, in un mondo corrotto, in cui anche le istituzioni politiche e gli organi preposti all’ordine e alla sicurezza ne sono al tempo stesso vittime e complici, quel vero miracolo della fede, per così dire. Quella rivoluzione che porterà dei diritti a queste persone cui non è concesso nulla. Regia e sceneggiatura straordinarie, ancor di più lo sono gli attori del cast: Rooney Mara, Martin Sheen, Rickson Tevez, Luis Eduardo, Gabriel Weinstein, Wagner Moura. Quello che sembra il racconto di una favola moderna, e che speriamo invece, possa essere l’inizio di un progresso di umanità che porti mobilitazione sociale a livello mondiale.

Ancor più rilevante è che, a compiere questa rivoluzione siano dei ragazzi, che si trovano coinvolti in un affare losco più grande di loro. Una vicenda di scandali, di corruzione, di parcelle e tangenti date per comprare i voti del nuovo candidato alle elezioni. Un caso su cui indaga la polizia, rappresentata spietatamente in tutta la sua violenza prevaricatrice sui minori, sugli indifesi, sui più deboli, quasi a sfogare la rabbia per essere essa stessa sottomessa al potere dei più forti, di quelli che detengono il potere e lo fanno in maniera totalmente incontrollata, in modo minaccioso ed intimidatorio. Ma, in fondo, accomunata ai “capi” dallo stesso interesse per il denaro, per la ricchezza di beni illeciti, comprati col sangue. E così i tre dovranno difendersi dal pericoloso Frederico, mentre cercano e riescono a risolvere il caso. Parallelamente seguono gli insegnamenti di un missionario, padre Juliard, e della loro docente, miss Olivia.

E sin dalle prime scene, siamo travolti dai paesaggi del posto, dove predominano vere montagne di rifiuti, da cui si rischia di essere travolti; vediamo che tra queste tonnellate di rifiuti che vengono scaricate in continuazione c’è chi trova anche un portafoglio pieno di soldi. È Rafael, uno dei tre ragazzi, fautori di quella rivoluzione, di cui si accennava, insieme ai suoi amici Gardo e Rato. E la rivoluzione che compiono è prendere quella ricchezza e disperderla per aria nella discarica, così che la gente non raccolga rifiuti, ma soldi. Come aveva insegnato loro padre Juliard, affinché tutti ne avessero un po’, poiché è meglio un pochino in più di non avere niente. Il principale risolutore del caso è Rafael, colui che la polizia aveva quasi ucciso, poi risparmiato. Anche lui farà lo stesso, non uccidendo Frederico. Ma l’esempio che seguiranno Rafael ed i suoi amici, sarà quello di José Angelo, il cui portafogli pieno di soldi cade proprio lì dove regna la povertà assoluta. Eppure qui questi ragazzi, che vivono tra gli stenti, non hanno perso la fede, la speranza, la gioia di vivere, di conoscere, di sapere, di scoprire e sanno godere delle piccole cose. Anche se sono cresciuti in fretta ed hanno imparato presto a doversi difendere dai pericoli di una società corrotta, in cui si aspira alla ricchezza per l’interesse personale e privato e non per costruire servizi per la comunità. Ma loro, come José Angelo, sognano un futuro diverso. E così, colui che un tempo era il braccio destro di uno degli uomini politici più potenti e pericolosi, è pronto a denunciarne tutti gli scandali che lo vedono protagonista. Già nel nome, José Angelo, c’è racchiuso il significato di una sorta di messia arrivato in questa oasi dei rifiuti, la spazzatura del “trash” del titolo. Quasi che fossero “lo scarto” dell’umanità. E solo dei veri credenti possono accogliere il messaggio evangelico salvifico. Attraverso un percorso che è una redenzione anche per loro. Anche i tre ragazzi all’inizio pensavano soltanto ai soldi, ma solamente per comprarsi qualcosa di buono da mangiare; poi colgono quale è il vero senso, lo scopo reale di quella che è una missione di cui si incaricano, o sono incaricati dall’alto per così dire? E così scindono il mero valore economico del denaro, da quello ideale e spirituale. In nome di un principio di libertà, democrazia, uguaglianza e giustizia. Quasi che anche per loro esistano dei diritti che vogliono far valere. La loro forza è innanzitutto la fratellanza fra di loro, pronti sempre a soccorrersi l’un l’altro. E poi il profondo credo religioso. Per una storia d’attualità, fra passato e presente. L’uso delle nuove tecnologie informatiche ne fanno una storia vera, attuale ancora oggi, che ricorda i moti di ribellione della primavera araba. Una realtà poco conosciuta forse, o comunque non nota abbastanza, inimmaginabile quasi agli occhi della comunità internazionale, presa da problematiche che non riguardano di certo ragioni di sopravvivenza. Chi vive a contatto con la malavita organizzata non sogna vestiti nuovi, giocattoli, scarpe, ma poter studiare, andare a scuola e poter esprimere la loro opinione senza dover temere per questo che qualcuno chiuda loro la bocca a malo modo. Per sempre. Come hanno fatto a José Angelo. Il regista è a loro che vuole dare voce. Senza eccessi, ma con massimo realismo, racconta con obiettività, oggettività e con la giusta enfasi la storia di questi tre ragazzi, paladini della rivoluzione. All’inizio, ci viene detto nel film, erano tristi, venivano sfruttai nella miniera e il padrone li pagava meno perché sono ragazzini; anche la polizia li trattava come spazzatura e li chiamava “topi di fogna”, “scarafaggi”, senza nessun rispetto. Anzi Fredrico dice che “certi scarafaggi sono testardi: li schiacci, ma non muoiono mai”. Ed è così che con l’arrivo del portafogli di José Angelo, scoprono la sua storia: avvocato, attivista, che aveva un progetto di case popolari; ma il candidato alle elezioni Santos vuole impedirlo e loro rimarrebbero senza scuole né ambulatori. E dunque comprendono che non hanno altra via d’uscita se non andare sino in fondo. Devono andare avanti, dicono, “perché è giusto”. A loro serviva un miracolo, poiché “tutto quello che avevano è un nome”. Ma finalmente quel miracolo sta avvenendo, il sacrificio di José Angelo non è stato vano. E loro vanno a fare quella rivoluzione e rivolgono a tutto il mondo del Web che guarderà la loro denuncia, ma soprattutto ai giovani come loro, un appello storico: “Scendiamo nelle piazze e rivendichiamo i nostri diritti. Nessuno ci fermerà”. E il miracolo è avvenuto sotto gli occhi della testimone privilegiata di questa svolta epocale: la figlia di José Angelo, Pia. Ora rivoluzione fa rima con rivelazioni, quelle che diffonde la loro insegnante Olivia. E, se prima erano in trappola come un pesce preso all’amo, ora lo hanno catturato. E sono riusciti a cambiare quel mondo, così “sporco” come lo vede Pia. Non si sono limitati a rassegnarsi a quel “Non ti preoccupare, poi ci si abitua”. Hanno creduto nel loro sogno e ne hanno fatto realtà. Questo forse è il mistero della fede. Per un film che è, al tempo stesso, di denuncia, testimonianza, documentazione di quello che si può realmente cambiare con la forza di volontà, portandolo all’attenzione di tutto il mondo.

di Barbara Conti