Gli Spandau Ballet grandi protagonisti della quinta giornata
Un viaggio negli anni ’80 alla scoperta di una delle “band icona” di quel decennio: gli Spandau Ballet. Questo il filo conduttore di Soul Boys of The Western World, docu-film firmato dalla regista George Hencken, che oggi ha debuttato nella sezione GALA del Festival di Roma.
Soul Boys of The Western World racconta la storia della band di Tony Hadley: l’infanzia dei cinque componenti del gruppo, gli esordi nei piccoli club londinesi, il successo internazionale, la parabola discendente che ne decretò lo scioglimento e la recente reunion che li ha riportati a suonare davanti a migliaia di persone.
A presentare il film al festival è intervenuta la band al completo, accompagnata dalla regista George Hencken.
Gary Kemp: «Tra i miei preferiti di sempre ci sono Arancia Meccanica, i primi film di Hitchcock, i muti di Charlie Chaplin e poi un film di John Mason del 1969 che si chiama The London Nobody Knows: racconta un po’ la Londra che abbiamo vissuto da ragazzini e, nel film, c’è anche un mercato dove andavamo a comprare i dischi a cui sono molto affezionato.»
Tony Hadley: «Senza dubbio Quei Bravi Ragazzi e Nuovo Cinema Paradiso. E ovviamente il nostro film. Ecco quello che mi piace di Soul Boys è soprattutto la prima parte: racconta la nostra infanzia, l’ambiente e il periodo in cui siamo cresciuti con gli scioperi, la politica di Margaret Tatcher e si vedono i cambiamenti in atto.»
George Hencken: «Questo film è un viaggio insieme i protagonisti, un viaggio che si avvale di tanto materiale di repertorio, che mostra non solo la loro incredibile carriera ma tutto quello che ruotava intorno agli Spandau Ballet prima che diventassero famosi.»
Martin Kemp: «Sono anche le storie di cinque persone diverse che poi sono confluite in quella che è diventata l’anima della band.»
Steve Norman: «Il punk ha mostrato che bastava prendere una chitarra senza essere perfetti. Ha dato alle persone la possibilità di suonare anche se non avevano grandissime capacità. E ha fatto crollare moli tabù.»
Gary Kemp: «È stata anche una corrente importante nel determinare la nostra identità: a noi piaceva vestirci in modo eccentrico ed eravamo alla ricerca di un nostro stile. Anche il punk ha influito su questo come il soul e la disco music.»
Gary Kemp: «La fama internazionale ci ha fatto vivere sotto pressione. Il mondo si era globalizzato ed era diventato troppo grande. Noi, in un certo senso, vivevamo ancora nel nostro piccolo mondo personale che era quello della classe operaia inglese.»
Martin Kemp: «L’Italia è arrivata un po’ in ritardo rispetto ad altri paesi: ricordo che, quando siamo diventati famosi qui, era già il periodo di MTV in cui girava I’ll Fly For You.»
Tony Hadley: «Però le fan che abbiamo trovato qui, non le abbiamo trovate da nessuna parte: sono le più pazze del mondo! Suonare in Italia è sempre un’esperienza fantastica. Infatti torneremo per alcuni concerti a Marzo del 2015.»
John Keeble: «Gli anni ’80 erano ricchi di fermenti musicali quindi sì, i Duran Duran erano nostri rivali. Ma chiunque facesse musica a quell’epoca tentando di vendere più dischi di noi lo era!»
Tony Hadley: «È cambiata ma non starei lì a demonizzare tutto. Anche oggi ci sono band che fanno bene come facevamo noi all’epoca e credo ci sia un sacco di musica interessante in giro.»
Tony Hadley: «Mi piacciono John Newman, Sam Smith e i dj del nord Europa come Avicii e i Swedish House Mafia. E poi amo i primi Kaiser Chiefs e i Killers. E lo confesso, anche gli One Direction: ho portato mia figlia Zara a un loro concerto e mi sono divertito moltissimo.»
Soul Boys of The Western World arriverà solo per il 21 e il 22 Ottobre in oltre 100 sale italiane: l’elenco completo è disponibile sul sito www.nexodigital.it .
di Lucia Gerbino