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Festival del Film di Roma 2013: successo per “L’ultima ruota del carro” di Veronesi

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Festival del Film di Roma 2013: successo per “L’ultima ruota del carro” di Veronesi

L'ultima ruota del carroTratto da una storia vera, il film sancisce il trionfo e il ritorno sella commedia all’italiana

Un ritorno gradito al Festival Internazionale del Film di Roma, quello della commedia all’italiana con uno dei film più attesi: “L’ultima ruota del carro” di Giovanni Veronesi. Un genere che rappresenta il made in Italy e che si vuole difendere. Una prima proiezione che è stata un successo, riuscendo quasi a riempire una sala che, da subito, è stata caratterizzata dalle risate del pubblico. Probabilmente, nella semplicità dell’autenticità della storia vera cui si ispira, la forza di Veronesi è stata di riuscire a cogliere la voglia di sorridere e sdrammatizzare della gente, anche nel momento di grande difficoltà attuale, di trovare una fonte di speranza, persino quando tutti i valori sembrano perduti, incarnata da una cellula di onestà e di incorruttibilità, in una società appunto corrotta, rappresentata dal protagonista Ernesto, che potrebbe essere ognuno di noi. Definito ad inizio film dal padre “l’ultima ruota del carro” della famiglia, sembra destinato ad essere un perdente, un disadattato, a rimanere indietro, come se non fosse in grado di inserirsi nel mondo. Invece riuscirà a sposarsi con la donna che ama, Angela (interpretata da un’abile Alessandra Mastronardi) l’altro pilastro di questi principi sani ancestrali, ed a mettere su una propria ditta di traslochi ed autotrasporti; in tal modo si separerà dal rapporto castrante col padre-padrone tipico dell’epoca. Così si viene ad innescare una sfida generazionale tra padre e figlio, emblematica del diverso approccio al cambiamento dei tempi. Il film, infatti, attraverso la storia di Ernesto ed Angela ci racconta l’Italia dagli anni ’70 ad oggi, anche tramite la musica che regnava in quel periodo (dal twist al rock). Rivivremo il momento del ritrovamento del corpo di Aldo Moro dopo l’attentato; i mondiali di calcio che vedranno l’Italia campione, evento che darà la forza ad Ernesto di riprendere la sua vita nelle proprie mani decidendo di cambiare il lavoro e il proprio destino. E poi i primi computer; ed ancora l’arrivo di skype, con le video telefonate tra Ernesto e Giacinto, che presenta con ironia ed umorismo la nuova realtà del futuro: la Cina. In questo viaggio nella storia, che è anche un percorso formativo per i personaggi, si nota la cura per i dettagli da parte di Veronesi. Giacinto regala a Daniele, figlio dell’amico, un computer in quanto padrino del festeggiato; e lo vediamo comparire vestito da vero padrino siciliano. Ma non solo. Vediamo che, man mano che da giovane diventa adulto, il look di Ernesto cambia: non ha più capelli lunghi e codino, ma baffi e capelli corti. E così sarà per Angela.

Inoltre, oltre al legame d’amore tra Ernesto ed Angela, a tenere è quello d’amicizia del protagonista con Giacinto, una sorta di suo alter ego; anche quando quest’ultimo sembrerà vacillare (Giacinto abbandonerà Ernesto con cui lavorava per mettersi in società con un certo Fabrizio Del Monte). E vediamo qui la voglia di rivalsa dei poveri di arricchirsi che, a volte, sembra mutuata dal ciclo dei vinti di Verga. Un destino si accanisce sulla gente semplice, come un fato che sembra una maledizione che impedisce qualsiasi forma di successo, di riscatto, di realizzazione personale; infatti si scoprirà che la Multivisions&partners agisce in modo disonesto; sarà lo stesso protagonista a scoprire le fatture truccate che condurranno tutto il cda in manette, “coi membri condotti in galera come dei delinquenti veri, senza nemmeno averli fatti parlare”, come afferma un frastornato Ernesto, scioccato da questo mondo losco dall’angolo della sua visione ingenua, onesta, sincera e distaccata da tanto arrivismo sfrenato e cinico, disinteressato da ogni principio morale, se non di quello del denaro e del guadagno economico indiscriminato, l’unica legge che domina. E dalla corruzione di una piccola impresa, passiamo a quella della politica di un’epoca in cui esplode il caso Craxi; ma c’è anche la corruzione della televisione in cui “il mondo delle comparse è un po’ una mafia: “ognuno ha il suo tavolo (delle trattative e dei compromessi verrebbe da dire) a cui sedersi”, ci viene spiegato a una festa in cui la semplicità dei protagonisti (Ernesto ed Angela) appare vecchia, desueta e di poco gusto estetico, non elegante. E, poi, l’incapacità politica di governare e gli scandali che caratterizzano il governo si rispecchiano nell’incapacità di curare e negli scandali della malasanità. Da questo degrado generale da cui non sembrano immuni neppure Ernesto ed Angela, che iniziano a farsi contaminare dalla futilità della mondanità alto-aristocratica, ci si salva solamente tornando alle origini e riscoprendo i veri valori: quello dell’amore, dell’affetto e del senso per la famiglia: una sorta di piccola isola e riserva ancestrale fatta di sentimenti naturali e sinceri. Ed è qui che Ernesto può ritrovarsi, recuperando la sua vera identità, lui” piccolo pesce in un mondo di squali”, per usare la metafora del suo amico Giacinto. Sembra quasi impazzire quando scopre che Angela ha gettato nella spazzatura uno dei biglietti vincenti da 500.000 euro alla lotteria; si infuria accecato dal “dio denaro” ; a rinsavirlo sarà il ritornare lì da dove il film ha preso luogo: la discarica di Malagrotta, con cui si affronta il tema della raccolta differenziata e della discarica più grande d’Europa. Se all’inizio lì ritrova il pallone da calcio con cui giocava da bambino, nel finale si renderà conto che lì rischiava di buttare via una delle cose più importanti della sua vita: l’amore di Angela. E finirà disteso a sorridere della superficialità con cui aveva agito, in una scena che ricorda un po’ quella conclusiva di “Reality” di Garrone. E come canta Vasco Rossi…”ridere e sorridere dei guai”….questa è la filosofia con cui affronta tematiche importanti Veronesi. Già, il sorriso, altro elemento emblematico che serve al regista per introdurre un altro passaggio centrale della storia italiana: l’arrivo in politica di Silvio Berlusconi (tra l’altro nella scorsa edizione c’era “S.B. lo conoscevo bene” su di lui). Ed una delle scene più significative è quella in cui Ernesto, a bordo del suo furgoncino, cerca di imitare appunto il sorriso di Berlusconi, che tanta speranza dette agli italiani. Il monologo di Giacinto, interpretato dal bravo Ricky Memphis, è altrettanto fondamentale nella struttura cinematografica del film: presenta questo nuovo leader politico senza volerne fare una satira, ma dandone la rappresentazione di ciò che significò all’epoca. Il punto di vista è quello dei personaggi, di come hanno vissuto gli episodi….con le loro passioni per i “Maurizio Costanzo show” o per i “Porta a porta” di Bruno Vespa. Una carrellata di decenni di storia che scorre veloce sullo schermo accompagnata dalla colonna sonora interamente realizzata da Elisa, un’altra delle piacevoli sorprese offerte da questo film.

di Barbara Conti