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Festival del Film di Roma 2013: Belle et Sébastien

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Festival del Film di Roma 2013: Belle et Sébastien

Belle et Sebastien - Nicolas Vanier 2Un’amicizia di un bambino e di un cane faranno strada in una piccola comunità di una baita di montagna

Commovente. Non si può definire diversamente la storia alla base di “Belle et Sébastien”, il film di Nicolas Vanier presentato al Festival Internazionale del Film di Roma, nella categoria “Alice nella città, fuori concorso”. Esso sarà in uscita in Italia a fine gennaio 2014 (tra il 23 e il 30 gennaio).

L’opera si ispira liberamente alla serie omonima scritta da Cécile Aubry (uno dei più grandi successi francesi), da cui è tratta unitamente al cartone animato giapponese che vi è stato creato. È stata definita “una delle storie d’amicizia mai raccontate”, eppure è più che una semplice e mera storia di amicizia. Sicuramente la vicenda del piccolo Sébastien, e di questo cane dei Pirenei, Belle, mancava nella kermesse cinematografica romana. L’innocenza di un bambino e la dolcezza di un animale affettuoso e protettivo, due amici inseparabili, ha regalato momenti intensi di tenerezza a giovani ed adulti, andando ad incrementare lo spazio dedicato ai più piccoli con “Planes” e “Metegol”. Anche in questo caso non è mancato il red carpet del regista con Belle, per la gioia dei bambini. E se il cane è il miglior amico dell’uomo sicuramente l’amicizia è il sentimento al centro della trama mai banale. Ci sono, tuttavia, anche: l’amore in tutte le sue sfaccettature, in primis quello di Sébastien per la mamma, che non sa di aver perso; e quello materno nei suoi confronti di Angelina; o quello passionale (che conduce alla redenzione) per quest’ultima del tenente Peter, tedesco che sacrifica la sua vita per salvarla; il prodigarsi umanitario del dottor Guillaume per la comunità; l’amore per le libertà individuali; la voglia di riscatto di una popolazione che si sente oppressa. Infatti questa è anche una storia di liberazione da ogni forma di potere autoritario (quale quello nazista) che fa razzia di ogni sentimento vero; di una lotta contro i pregiudizi che tendono sempre a cercare un colpevole, un capro espiatorio, la “bestia” che causa tutti i mali e miete vittime innocenti, mostrando che spesso la troppa avventatezza nel giudicare fa sbagliare e si accusano i soggetti sbagliati, poiché il pericolo è altrove. È anche la storia dell’uomo che ritrova il contatto con la natura, per cui anche un bambino come Sébastien, a contatto con essa, con una creature adorabile quale Belle, può apprendere importanti lezioni di vita. Un po’ come se lo spirito della mamma si fosse reincarnato in Belle e accompagnasse il figlio nella crescita. Per Nicolas Vaudier, infatti, “l’uomo e la natura sono una cosa sola”. A tal riguardo centrale è la figura femminile del film: Angelina. Sarà lei a raccogliere lo spunto lanciato dal piccolo Sébastien e a continuare questa battaglia per tornare a instaurare quel clima di sani principi morali di fratellanza, amicizia, solidarietà tipici dei posti incontaminati che fanno da cornice alla trama. Ella compirà la vera rivoluzione dimostrando che anche una donna è in grado di fare da guida per arrivare ai passi liberi e praticabili.

La montagna è un personaggio a tutti gli effetti: la vediamo nell’alternarsi delle stagioni….della vita potremmo dire. Qui risiede una delle cose migliori del film, sicuramente, oltre all’adozione dello stratagemma di ambientare il tutto all’epoca della Seconda guerra mondiale. Un film corale, eppure tutti i personaggi sono uniti dal comune denominatore di non voler essere più degli oppressi. Tutto ruota intorno ai due protagonisti: Belle e Sébastien, scelto tra più di 2.400 candidature. E, tra l’alternarsi delle fasi della vita come delle stagioni dicevamo, abbiamo l’alternarsi di vita e di morte che costituiscono parti integranti del romanzo di formazione dello stesso Sébastien. Tutto finisce da dove e così come era iniziato, nel cerchio della vita che ricorda il film “Il re Leone”: come Simba, anche Sébastien dovrà imparare a districarsi nella giungla della foresta della vita, un bosco immenso dalle innumerevoli insidie. Il film si apre col piccolo Sébastien che salva un agnellino rimasto imprigionato sulla parete di una montagna a picco. Come lui, verrà allevato, accudito, fino a che non sarà svezzato e poi liberato per raggiungere il suo gregge…cioè la scuola; infatti nel finale Sébastien ci andrà, sottolineando l’importanza ricoperta dall’istruzione, fondamentale per un film dedicato ai più piccoli. Nicolas Vaudier, infatti, non solo è da sempre impegnato nella salvaguardia dell’ambiente, ma patrocina anche “L’Ècole agit!”, un’organizzazione fondata dal Ministero dell’Educazione Nazionale il cui scopo è la promozione dell’ecologia e di uno sviluppo sostenibile nelle scuole appunto.

Si tratta di un film rivoluzionario e metaforico che, attraverso la visione di fondo di una guerra senza un perché, guarda al futuro con uno sguardo di fiducia verso il progresso, la civilizzazione e all’Occidente con le terre della speranza rappresentate dalla Svizzera al di là del confine, da Londra (dove andrà Angelina), passando per un cenno al sogno americano. Una piccola comunità chiusa in un microsistema circoscritto si aprirà al nuovo. Il simbolo del cambiamento è il ritrovamento di Belle da parte di Sébastien fino all’accoglimento dell’animale alla baita di montagna. E tutto cambierà dopo una valanga di neve.

Una storia quanto mai attuale. Un cane, una montagna e una donna sono al centro di una vicenda di cronaca del 14 novembre: una giocatrice di golf, Joanne Lefson, salva un cucciolo di can, Rupee, da una discarica nella città di montagna di Leh ed entrambi partecipano a una missione sugli Himalaya, a 5.364 metri d’altitudine.

di Barbara Conti