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Festival del cinema di Venezia 2011: Tinker, Taylor, Soldier, Spy

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Festival del cinema di Venezia 2011: Tinker, Taylor, Soldier, Spy

Presentato in Concorso Tinker, Taylor, Soldier, Spy, primo film in lingua inglese dello svedese Tomas Alfredson

La sesta giornata del Festival di Venezia si apre con un interrogativo bizzarro: tra uno stagnino, un sarto e un soldato chi è la talpa introdotta nei servizi segreti britannici durante gli anni più intensi della guerra fredda? A fornire la risposta è il regista svedese Tomas Alfredson che, dopo il successo di Lasciami entrare, si avventura nella difficile impresa di trasformare in creatura cinematografica il romanzo di John Le Carrè Tinker, Taylor, Soldier, Spy senza profanare e depredare la serie televisiva del 1979 con Alec Guinness nei panni dello storico agente George Smiley. Il film omonimo, presentato in Concorso al Lido e nei cinema dal prossimo 20 gennaio, arriva a vent’anni dalla caduta del Muro di Berlino e dalla fine della Guerra Fredda ma, nonostante i presupposti narrativi si siano trasformati in storia, i tempi sembrano maturi per un’esperienza cinematografica in cui linguaggio e stile del passato assumono il valore di una scelta artistica. La vicenda ruota intorno a Smiley che, nonostante un pensionamento indotto, mette a disposizione tutta la sua professionalità ed un naturale talento investigativo per snidare la talpa russa introdotta all’interno dell’M16, ossia il Servizio Segreto dell’Intelligence britannica, anche ribattezzata Circus. “Il fulcro del romanzo è quello del vero giallo – chiarisce il produttore Bevan – chi è l’agente doppiogiochista? Ma poi la materia si muove a spirale per formare delle ellissi e la storia attraversa diversi periodi di tempo. Se si esplica con troppa semplicità se ne di sminuiscono le complessità, ma se la si affronta in maniera troppo complessa si rischia di tenere a distanza il pubblico. Abbiamo realizzato un vero numero di equilibrismo.” Però, affinché il gioco di prestigio riesca con successo, necessita un illusionista dal talento sofisticato, una caratteristica che la Working Title sembra aver rintracciato in Alfredson, tanto da affidargli la realizzazione del suo primo film in lingua inglese. “Sono imprevedibile rispetto alle scelte della mia carriera – dichiara il regista – mi si propone qualcosa e penso: “Ok, ecco la cosa giusta da fare adesso.” Questo film, ad esempio, rappresenta un passo importante per me. Lavoro in ambito cinematografico e televisivo da trent’anni ormai, quindi affrontare un progetto in lingua straniera ha comportato una grande svolta anche se sono stati tutti incredibilmente disponibili.” Ad interpretare questa spy story dal gusto vintage è un team formato dai migliori interpreti del panorama britannico. Un Brit Pack d’eccezione dove spiccano i nomi di Gary Oldman, chiamato a vestire i panni di Smiley, di Sua Maestà Colin Firth, di Stephen Graham, ammirato nel ruolo di Al Capone nella serie Boardwalk Empire – L’impero del crimine, di Tom Hardy, attualmente impegnato sul set di The Dark Night Rises di Nolan, di Toby Jones, presto nell’atteso Le avventure di Tintin di Steven Spielberg, di Mark Strong, noto per la sua collaborazione con il regista Guy Ritchie, per finire con il giovane Benedict Cumberbatch, portato al successo dalla rappresentazione di un moderno Sherlock Holmes per l’omonima serie tv della BBC.

di Tiziana Morganti