Siamo tutti stranieri alla ricerca della nostra Terraferma
Con Terraferma Crialese si conferma una delle sempre più rare e preziose punte di diamante del cinema italiano contemporaneo. Lo sguardo attento alle questioni politico-sociali lontano dall’approccio documentaristico e orientato verso una finzione favolistica sembra essere la cifra stilistica personale che il cineasta nostrano ha costruito e consolidato negli anni. Era già successo con Respiro (vincitore della Settimana della Critica a Cannes 2002) di vedere l’emancipazione femminile sotto una luce intimistica dai riflessi magici e ed è accaduto ancora con Nuovomondo (vincitore del Leone d’Argento Rivelazione cinque anni fa a Venezia) di assistere con più forza e consapevolezza all’espressione onirica e fiabesca del sogno americano. In Terraferma il colore del sogno è stemperato, Crialese rinuncia al bagno nel candido mare di latte pur non trascurando mai la potenza delle immagini. Terraferma è un gioco di contrapposizioni, semantiche e visive: l’antica legge del mare e le nuove posizioni politiche, il conservatorismo della vecchia generazione e il cambiamento della nuova, la prospettiva esistenziale degli autoctoni e la superficialità vacanziera dei turisti, una donna in cerca del suo nuovo approdo e un’altra che l’ha appena trovato, le vivaci barche piene di turisti pronti a tuffarsi nelle limpide acque del sud e i barconi stracolmi di immigrati aggrappati all’ultima speranza di salvezza.
L’attore feticcio Filippo Pucillo è il giovane figlio di Giulietta (Donatella Finocchiaro), cresciuto sull’isola ‘troppo piccola per essere indicata sul mappamondo’ e orfano di padre. Insieme al nonno Ernesto (Mimmo Cuticchio) continua l’attività della pesca che lo zio Nino (Giuseppe Fiorello) è intenzionato a lasciarsi alle spalle per dedicarsi al turismo. Giulietta sente che è ora di cambiare vita, di uscire dall’isola(mento) per dare a se stessa e a Filippo l’opportunità di approdare in una terra migliore. Proprio quando il lavoro con i turisti avviato da madre e figlio ingrana grazie all’arrivo di un trio di ragazzi del nord, gli isolani devono scontrarsi con l’arrivo degli immigrati.
Il nonno, arroccato nel suo universo di principi e valori, scavalca le disumane leggi dell’uomo per seguire quelle coscienziose del mare, Giulietta si imbatte nell’alter ego di Sara/Timnit T. per scoprire nella differenza il comune bisogno di cambiare la propria esistenza ricominciando altrove, Filippo impara sulla sua pelle il significato dell’accoglienza e l’orrore del rifiuto.
Con questa riflessione filmica su piccole e grandi storie di ricerca, accoglienza e negazione, Crialese riscrive la storia dell’immigrazione rivisitando il concetto di ‘straniero’, ricordando a tutti il bisogno di miglioramento – o di sopravvivenza nei casi più drammatici – che costringe un essere umano a diventare un migrante in cerca del proprio porto di salvezza.
di Francesca Vantaggiato
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