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Da musa di Besson a regista impegnata: i mille volti di Rie Rasmussen

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Da musa di Besson a regista impegnata: i mille volti di Rie Rasmussen

Rie_RasmussenRie Rasmussen non è mai stata una modella come le altre. Di glamour non aveva nulla, se non le sue chilometriche gambe, che le sono servite per arrivare dietro la macchina da presa.

Proprio dove ha sempre sognato di arrivare, fin da ragazzina, quando disse addio alle comodità della sua famiglia danese, per approdare nella caotica California a studiare regia.
Forse, se a 15 anni un fotografo non l’avesse inseguita per le strade di New York, per proporle un ingaggio, sarebbe diventata una bravissima regista in poco tempo. Invece per molti anni si è dovuta accontentare di sfilare sulle passerelle di mezzo mondo e di recitare nel ruolo della bella di turno in qualche film. “Femme fatale” fu il suo primo lavoro: De Palma capì che questa inquieta creatura dalla bellezza europea, non poteva che essere una diabolica mangiatrice di uomini, una truffatrice che non esita a fare fuori dal giro l’altra prima donna Rebecca Romjin Stamos, emblema della bambola sexy americana. Che fosse inquieta se ne accorse anche il mondo della moda: dopo la show di Victoria’s secret, tempio della bellezza procace in biancheria intima, dichiarò di aver sfilato solo per poter andare a letto con qualche supermodella. Il gossip ci ricamò sopra per settimane, ipotizzando anche un flirt tra lei e l’italiana Eva Riccobono. La moda andava stretta a Rie Rasmussen. E fu proprio un altro incontro a riportarla sulla retta via: fu scelta da Besson come protagonista del film “Angel-A”, girato in gran segreto dal regista francese, che dichiarò di essere tornato dietro la macchina da presa solo grazie a Rie. Più che un film fu una vera e propria celebrazione di questa danese venuta dallo spazio, atterrata in America per sconvolgere i fragili perbenismi della società. Fu solo l’inizio di un cambiamento radicale: da modella a musa ispiratrice, da musa a fotografa, pittrice e, infine, regista. Nel 2009 è uscito il suo primo lungometraggio, di cui è anche interprete “Human zoo”: questa volta, senza il deus ex machina Besson, Rie Rasmussen racconta la guerra del Kosovo, vista con gli occhi delle donne. Ma, com’era prevedibile, non c’è da aspettarsi un melodramma sui buoni sentimenti del genere femminile: qui le donne sono cattive, fanno la guerra, la vivono, la vedono, la sentono. Ma, a differenza degli uomini, sanno comunicare, con gli altri e con il loro passato. Adria, la protagonista, è per metà Serba e per metà Albanese. Questa schizofrenia la porterà a fare i conti con un passato terribile, in Kosovo, tra stupri, rivolte e il bisogno di fuggire. Un film forte, controverso, che ha scatenato non pochi problemi di realizzazione: l’ambasciata Americana e quella Croata furono infatti bruciate proprio durante le riprese del film, a Belgrado. Ma Rie Rasmussen sembra aver trovato la sua strada: raccontare persone e realtà diversissime tra loro.

di Elisa Carrara

Svevo Ruggeri
Svevo Ruggeri
Direttore, Editore e Proprietario di Eclipse Magazine