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Romics 2013: “Ribelle – the brave”: la storia della giovane Medea lotta per la sua libertà

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Romics 2013: “Ribelle – the brave”: la storia della giovane Medea lotta per la sua libertà

RibelleIl film della Disney- Pixar ci mostra questa giovane coraggiosa che vuole cambiare il suo destino

Ribelle – The brave”. Questo il titolo del nuovo film d’animazione della Disney-Pixar presentato, in via eccezionale, al Romics 2013, il festival del fumetto, dell’animazione e dei games. “Ribelle” è la storia di una ragazza, Merida, destinata a diventare principessa del suo regno, ma non ne è affatto intenzionata. Non solo si ribella, ma ricerca con coraggio la sua libertà. Ed è decisa ad ottenerla sino in fondo ed a tutti i costi. Imparerà, però, presto il prezzo che deve pagare per averla. Disobbediente, allegra, vivace, incosciente, non ascolta i consigli ed i suggerimenti della madre, più ligia alle regole reali, ed, ostinata e testarda, cerca in tutti i modi di cambiare il suo destino da principessa e di allontanarsi da quel mondo che sente così vincolante, almeno finché non potrà essere lei a disporre della sua vita. Inutile dirlo, con la sua simpatia conquista subito le attenzioni e le preferenze del pubblico, anche dei più piccoli. I paesaggi stupendi, le immagini che corrono veloci, con un ritmo accelerato da colonne sonore assolutamente indovinate, con la voce riconoscibile di Noemi, tengono col fiato sospeso e catturano l’attenzione sino all’ultimo. Primeggiano gli occhi azzurri e i capelli rossi di Merida, ma in realtà si tratterà di un duplice romanzo di formazione: della giovane e della madre e, per riflesso, di tutta la comunità in cui vivono. Ruolo preponderante lo gioca la magia. È Medea stessa a dire che bisogna crederci poiché “è una cosa vera”, cioè seria; anche se non immagina quanto. Non la si può prendere con leggerezza o le conseguenze potrebbero essere imponderabili. Disposta a ricorrere ad essa per la sua libertà, la giovane ribelle coraggiosa, si affida ad una strega, chiedendole un incantesimo per cambiare la madre e il suo destino. Si ritroverà, però, vittima stessa del sortilegio: la madre sarà trasformata, insieme ai suoi tre fratellini più piccoli, in orsa e Medea dovrà combattere a fianco della mamma per salvarla, affinché non resti per sempre un orso. L’unico modo per romperlo è: “se il destino vuoi cambiare, dentro devi guardare e lo strappo dall’orgoglio causato riparare”. Questa la regola dettata dalla strega. Già, ma quale strappo? Questa parola è altamente simbolica sia a livello letterale che figurato. Nel primo caso si riferisce, al contempo, allo strappo dell’arazzo di famiglia (da ricucire con ago e filo) e a quello della sua veste. Destinata ad essere data in sposa ai pretendenti dei 4 clan del regno, ed a chi tra loro avesse primeggiato nel tiro con l’arco (disciplina amata da Medea sin da piccola), pur di non rinunciare alla sua libertà (e al fine di annullare il matrimonio pertanto), scende in campo ella stessa. Stretta nelle aderenti vesti eleganti dell’epoca, tipiche della nobiltà, prende l’arco che le regalò per il compleanno il padre e lo impugna, ma nel fare il movimento di tensione del braccio per lanciare la freccia lo strappa; non si scandalizza e con cipiglio ed orgoglio grida, davanti agli occhi scandalizzati di tutti i partecipanti e cortigiani: “gareggerò per avere la mia mano”. Ed è da questo momento che nasce lo strappo metaforico: quello del rapporto con la madre. Che ritroverà solamente in cui la vita della mamma è messa a repentaglio dalla sua avventatezza e spregiudicatezza. Il sortilegio, infatti, sarà duro a debellarsi poiché prima Medea deve sapersi prendere le sue responsabilità e imparare a non scaricare su altri (la strega in questo caso) le colpe di un suo gesto quantomeno affrettato (ricorrere alla magia per annullare il suo matrimonio). Continuando a ripetersi che lei non c’entra nulla non aiuta a risolvere il problema. Solamente quando saprà comportarsi da principessa otterrà il risultato, riuscendo a ricongiungere il reame, caduto, nel frattempo, in una sorta di guerra intestina, fratricida e civile tra coloro che un tempo si erano uniti nella fratellanza e aiutati vicendevolmente; “un’alleanza forgiata sul coraggio e sull’amicizia. Sono stata un’egoista ed ho provocato una profonda lacerazione nel regno. Devo riparare e rafforzare questo legame. Ho deciso –sono le parole di Medea- di fare ciò che è giusto e di infrangere la tradizione. Mia madre, la regina, sente in cuor suo che io, noi, dovremmo essere liberi di scrivere ognuno la propria storia e seguire il proprio destino e trovare l’amore coi propri tempi. La regina ed io rimettiamo il destino nelle vostre mani e lasciamo che siano i giovani a scegliere chi amare”. Medea è cambiata, sa sorprendere, ma soprattutto ora parla al plurale noi (comprendendo la madre) e da vera principessa. Quello strappo è stato ricucito, col sentimento, con l’affetto sostituito all’orgoglio. La madre stessa tornerà cambiata, vivendo prima, però, quel mondo ribelle della figlia una volta trasformata in orso, con la comicità che regala tante risate con situazioni rese comiche da contingenze assurde, irreali eppure così vere (come la magia, quanto di più finto e reale al contempo ci possa essere); la linea tra finzione e realtà è sempre più sottile…la regina imparerà a mangiare il pesce catturato con l’arco dalla figlia (anche se le principesse non dovrebbero avere armi, a suo avviso, secondo le regole del galateo regale); a cibarsene con le zampe (come mangiasse con le mani e non con le forchette, che non riesce ovviamente a maneggiare nella nuova veste animalesca)…dunque, pur non riuscendo a comunicare verbalmente (la madre riesce ad emettere dei suoni alquanto bizzarri, incomprensibili quanto buffi), si capiscono meglio: hanno lasciato il posto al linguaggio del cuore, invece che a quello regale. La corona cade dalla testa di mamma regina/orso…e con essa tutti i dettami, le regole, le restrizioni, i vincoli del reame. Così cadono anche i muri dei loro orgogli futili. E la melodia di sottofondo canta: “osservo i muri che crollano, mi sento libera ancora di più, questo amore si diffonderà tra vento ed aria. L’amore scalda l’anima”. È questo il senso della lezione che devono imparare. Ed ora sono libere di rincorrere il loro destino insieme, rinnovate di quell’aura pura che è la libertà. L’immagine di un nuovo arazzo a sostituire quello strappato indica un nuovo inizio….poiché, in fondo, recita la voce fuori campo: “il nostro destino vive in noi, bisogna solo avere il coraggio di vederlo”.

Una dedica affettuosa a Steve Jobs impreziosisce questo film d’animazione che si rivela un buon prodotto giocando su poche parole chiavi: libertà, coraggio…e non a caso il titolo “Ribelle – the brave” le richiama (brave significa coraggioso, impavido).

di Barbara Conti