Le figure più rappresentative del popolo e dei suoi vizi, delle sue astuzie e delle sue idiozie… figure uniche che posseggono la capacità di deridere e giocare con gli aspetti più veri dell’animo umano
Le maschere della “Commedia dell’Arte” sono nate come espressione goliardica e rappresentativa delle caratteristiche del popolo, a seconda della sua regione o città d’appartenenza. Ne esistono davvero molte, nate in periodi diversi, a partire dal 1500 in poi. In questo articolo andremo a conoscere le maschere più rappresentative, che tuttora sono rimaste nella tradizione popolana come vero e proprio simbolo d’appartenenza. In un rapido excursus in periodo carnevalesco, ne selezioneremo 10 tra le più conosciute e “care”, così da stuzzicare l’interesse senza annoiare.
La più famosa maschera italiana è:
Nella “Commedia dell’Arte” Arlecchino rappresenta il servo affamato, sciocco, ladro e bugiardo, ed è originario di Bergamo. Nel XVII secolo s’impone come la più popolare e simpatica delle maschere italiane, e subisce cammin facendo un’evoluzione che lo porta a perdere l’accento della sua città, acquisendo definitivamente quello veneziano. Tra le sue “nuove” caratteristiche derivate da questa metamorfosi sono molto importanti l’arguzia e l’atleticità.
Il dottor Balanzone è un giurista, e come tale rappresenta l’aspetto borioso, pedante e noioso di chi ha studiato e si fregia di un titolo in maniera saccente. È originario di Bologna ed è grasso. Il suo accento è un misto di emiliano e di latino maccheronico, ed i suoi discorsi sono spesso senza alcun concetto. L’origine del nome probabilmente viene da “baldanza”ossia bilancia, che sta a rappresentare quella della giustizia.
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Maschera tipica della “Commedia dell’arte” e sicuramente originaria di Bergamo. Il suo ruolo primo era quello del servo astuto, insolente e pieno di risorse, ma soprattutto durante il XVII secolo subì la repentina crescita di Arlecchino che acquisiva scaltrezza e manifestava l’arte di sapersi arrangiare, e divenne, contrapponendosi a lui, un servo fedele, saggio e sciocco allo stesso tempo, con una marcata caratteristica di adulatore.
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La più celebre delle maschere femminili. Conosciuta con diversi nomi, è la tipica servetta civettuola, chiacchierona e sempre con la battuta pronta. Vive accanto alla sua padrona, ama Arlecchino o Brighella, e spesso convola a nozze con uno dei due. Bugiarda per natura ma quasi sempre a fin di bene, e spesso è complice dei fatti amorosi della sua padrona.
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Maschera d’origine veneziana, è presente nelle rappresentazioni fin dal XVI secolo col nome di “Magnifico”. Il nome Pantalone ha come origine un nomignolo attribuito ai ricchi commercianti veneziani che acquistavano terreni nei territori della Repubblica di Venezia, e lì piantavano il leone, l’emblema della Repubblica stessa: Pantalone, quindi da pianta-leone. È vecchio, molto ricco e terribilmente avaro, e non sa tenere a bada alcuni pruriti amorosi che sovente lo colgono. Con l’avvento di Goldoni, diventa saggio e l’avarizia assume l’aspetto di astuzia nel non sperperare il proprio ingente patrimonio.
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Di origine torinese, divenne molto celebre nel teatro dei burattini.
Rappresenta il contadino “scarpe grosse e cervello fino”, simpatico, giocoso, bevitore accanito di vino e facile all’innamoramento. Grazie al successo raggiunto, nel XIX secolo diventò maschera nel teatro piemontese.
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Maschera del teatro romanesco che prese forma nella seconda metà del ‘600.
Il nome pare venga da “patacca” intesa come cinque carlini, che corrispondeva alla paga di un soldato… è probabile, quindi, che fosse un milite originariamente. È il classico popolano “trasteverino”, insolente, fannullone, fanfarone e spesso manesco, ma capace di battute molto simpatiche e taglienti. Nel XIX secolo assunse il ruolo di personaggio serio di drammi popolari.
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È la maschera napoletana per eccellenza. La sua prima apparizione è datata verso la fine del XVI secolo. Il nome deriva quasi certamente da pulcino. Il costume è sicuramente derivante da quello degli “Zanni”, ossia camicione bianco, con la differenza dell’ampio risvolto e sbuffo. È la rappresentazione della mimica popolare tipicamente napoletana e impersonifica il servo stanco, pigro, nullafacente, chiacchierone, vorace, estroso e dalla simpatia innata.
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È anch’essa d’origine napoletana, ma si tratta di un personaggio vecchio, collerico, miope e pavido. Otre a tutto ciò ha una caratteristica che lo rende insicuro: è balbuziente. È ottuso e conservatore, pieno di rancore e nemico della gioia di vivere tipica della gioventù. Queste caratteristiche vennero nel tempo mitigate, anche se non snaturate. Fa in ogni caso parte delle maschere che caratterizzano chi ha studiato e chi si colloca in un ruolo più che decoroso nella società.
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Conosciuto anche come Capitan Spaventa, è una delle maschere più antiche della Commedia dell’arte, ed infatti è presente già nel XV secolo con il nome di “Capitano”. Arroganza, smargiasseria e goffaggine lo rendono un personaggio molto buffo. Le sue radici antichissime affondano nel “miles gloriosus” di Plauto.
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di Svevo Ruggeri
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